giovedì 15 settembre 2011

E(ste)tica

"Quanti artisti vivono nell'angoscia e nei tormenti!
Per sopportarlo, alcuni si danno al bere, alle droghe,
alla dissolutezza, ecc. Dato che possiedono realmente
dei doni, ciò non impedisce loro di creare di tanto in
tanto qualche capolavoro, ma di quei capolavori sono
gli altri ad approfittare.Essi invece soffrono, e
continueranno a soffrire finché non s'imporranno
una disciplina per dominare le forze oscure che li
stanno distruggendo. Questo però è un argomento
sul quale generalmente il pubblico non riflette.
Basta che certi libri o certe opere d'arte lo
interessino, lo ispirino; le tragedie vissute dagli
autori di quei libri non lo toccano più di tanto, anzi,
il pubblico si getta con avidità sulla loro biografia
per cibarsi di ogni minimo dettaglio. C'è in questa
fascinazione una grande crudeltà, ma le persone non
ne sono coscienti. E soprattutto, ciò che ignorano è
che prima o poi questi artisti perderanno i loro doni
e le loro facoltà, in questa esistenza o nella prossima,
non avendo sostenuto quei doni con una disciplina
interiore. Dato che con le loro sregolatezze hanno
dilapidato tutto il proprio capitale, torneranno sulla
terra come esseri del tutto insignificanti. Non si
possono separare a lungo creazione artistica e vita
morale."


[Omraam Mikhaël Aïvanhov]

5 commenti:

  1. Mah, si potrebbe anche ipotizzare un'interpretazione opposta... e cioè che tali comportamenti sregolati e le angosce, gli stati d'animo, i tormenti che ne derivano, possano essere fonte di ispirazione, il mezzo con cui giugere a concepire opere inusuali, straordinarie.

    Non con questo voglio esaltare sregolatezze o dissolutezze... ;-)

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  2. Sì, è un'ipotesi, ma io continuo a
    pensare che gli artisti siano
    tormentati perchè più sensibili
    della media ai tormenti della vita,
    e che, se si limitano ad esprimere
    nelle loro opere questi tormenti
    potranno anche avere un certo successo,
    in quanto il pubblico vi si può in
    parte rispecchiare, tuttavia, ritengo
    che la "biografia" (da "bios", "vita")
    degli artisti non sia la fonte privilegiata
    dell'ispirazione e di un'ispirazione
    alta, spirituale, che dia risultati
    validi nel tempo se non eterni.
    In proposito ti ripropongo altri due
    miei post, uno su Aivanhov e uno con
    citazione di Osho:

    http://b-rightful.ilcannocchiale.it/post/2364152.html

    http://b-rightful.ilcannocchiale.it/2006/11/09/progettualita_artistica_diario.html

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  3. Ho letto i post che mi hai indicato... ciò mi ha fatto comprendere meglio la tua risposta.. ;-)

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  4. L'estrema sensibilità è sicuramente un fattore importante, forse c'è però anche, di base, una seria volontà di "libertà", che fa parte dell'atto creativo, e che si connatura così tanto nell'animo dell'artista da invadere non solo le sue creazioni ma anche la sua vita. Originando le sregolatezze. Lo vedo in parte anche riflesso su di me: non sono per niente un'artista dedita completamente all'arte, ma il processo creativo è comunque un mio bisogno a cui do molto ascolto. Il risultato è che non riesco ad organizzare la mia vita come fanno tutti, cose normali come tener dietro alla casa, ricordarsi i turni di lavoro... credo che questa situazione sia uno stadio iniziale e blando di quello che alcuni artisti hanno portato all'estremo: un senso di ribellione e di libertà nei confronti dei doveri della vita...

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  5. Ciao Giorgia,
    grazie del commento che condivido
    in toto. Anche io mi sento molto libero,
    ma tempero la ribellione sempre con
    il rispetto per la coesistenza sociale,
    che in fondo, è il rispetto per gli altri.
    Accipicchia che eloquio fluente che hai,
    del resto sei anche una scrittrice...

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