domenica 20 febbraio 2011

Per ironia della sorte (Citazioni)



"Noi possiamo ammettere che l'imputato
abbia idee diverse da quelle del nostro
Presidente, ma NON troppo diverse".

[da "Il dittatore dello stato libero
di Bananas" di Woody Allen]

Per ironia della sorte, questo aforisma
apriva un articolo intitolato "la censura"
e firmato da Ciro Discepolo, sul NUMERO
1 del trimestrale "Ricerca '90
" edito
dal medesimo (Aprile 1990). Benchè
qualcuno abbia sostenuto che questo
numero non esista e io sia un conta
balle e mentitore, lo stesso mi venne
omaggiato come copia promozionale
da Dante Valente, nello stesso anno,
durante una conferenza del Cida di
Torino, ai tempi in cui gli incontri
si tenevano al Caffè S. Carlo, sulla
omonima piazza. Così, tanto per
onorare la verità.

martedì 15 febbraio 2011

mtmm (Riflessioni)



"mors tua mors mea,
poichè tutto è Uno"

[ b-rightful ]

COMMENTO:
Un commento a questo aforisma è d'obbligo,
poichè si presta a qualche fraintendimento.
Nella sua accezione letterale il testo appare pesante
e disperato, lasciando intendere che la morte di una
persona - più o meno a noi vicina e cara - comporti
l'impossibilità di continuare a vivere.

Ed in effetti, a volte, la cronaca ci mostra come
questa possibilità si possa anche verificare. Quando
la perdita di un membro colpisce una famiglia già
fragile per problemi di salute fisica o psichica, può
anche succedere che questa trascini con sè anche
quella degli altri familiari, in modo diretto, per
libera scelta, o indirettamente, attraverso un morbo
del corpo o della mente. Si pensi che la mia nonna
materna morì a distanza di sei mesi dal marito, cui
era veramente molto legata. Io stesso, e anche
mia madre, sto faticando non poco a ritrovare uno
slancio vitale dopo la dipartita di mio padre.
La mancanza della sua fisicità, della sua energia ed
anima è fortissima, in quanto l'intesa tra noi, anche
muta e fatta di sorrisi, era molto grande.

In questo senso, benchè io ritenga che il sentimento
della vita vada oltremisura alimentato contro ogni
possibile tentazione di fuga o di cedimento alla
morte
- un sentimento che si basa sull'immortalità
della nostra parte Spirituale - nondimeno, comprendo
le ragioni di chi si trova a soccombere in una tale
situazione.

Tuttavia, il senso profondo che vorrei esprimere
con questa sentenza
è un altro.
Essa, riecheggia e si oppone ad una più nota, che la
storia ci ha tramandato: la famosa "mors tua, vita
mea
", basata sulla coscienza della natura Animale
dell'uomo
e del suo ricadere, in parte, sotto le Leggi
che la Natura ha posto in essere.
Secondo questo diffuso modo di dire e di pensare,
l'istinto conservativo o di "sopravvivenza" individuale
(da "vivere sopra/oltre" gli altri) vorrebbe che la
morte altrui, anche di coloro relativamente prossimi,
sia utile al mantenimento e al progresso della nostra
stessa vita. In parte, e coi dovuti distinguo, è
davvero così. Una simile logica, però, svincolata da
qualsiasi Legge Morale e soggetta unicamente a
quella cosiddetta "della Jungla" o "del più forte",
conduce inevitabilmente a giustificare la guerra e
la violenza tout court.
Se consideriamo però l'uomo, anche o soprattutto
a partire dalla sua natura Divina e Spirituale,
vediamo che l'ottica si può capovolgere facilmente.
Se diamo più valore a ciò che ci accomuna rispetto a
ciò che ci differenzia, all'amore che ci lega piuttosto
che all'alterità che ci divide, non vedremo più negli
altri un qualcosa di diverso da noi, bensì un pezzo
del nostro stesso essere, una manifestazione del
medesimo Principio che ci muove. Insomma, se
applichiamo veramente il più grande ed ultimo dei
comandamenti raccomandati da Gesù
nella sua
missione terrena, quell'"amatevi gli uni gli altri,
come io ho amato voi
", allora risulta ben chiaro
che la morte di un nostro fratello umano ci tocca
come la nostra stessa morte, e dobbiamo fare
tutto il possibile per evitarla.




Ma non è solo nella religione Cattolica che troviamo
questo primato della com-unione con gli altri,
intesa, appunto, come unione dei diversi per mezzo
di qualcosa di comune ad essi.

Ben più radicale nell'affermazione della unità di
fondo di tutte le creature
e, in genere, di tutte le
cose, è L'Induismo, che sulla nozione di Brahman,
(link) si fonda sin dalle sue origini.

Di seguito, alcune citazioni raccolte da Wikipedia
a proposito di questo tema. E' inutile parafrasarle.

Nelle quattro raccolte degli "inni" dei Veda
l'"origine primordiale" viene indicata con il termine
Tat (Quello) e non ancora con il termine Brahman:

"Non c'era la morte allora, né l'immortalità.
Non c'era differenza tra la notte e il giorno.
Respirava, ma non c'era aria, per un suo potere,
soltanto Quello, da solo. Oltre a Quello nulla
esisteva
" [Rigveda ; X, 129, 2]

Nella successiva riflessione teologica e filosofica
propria delle Upanisad Vediche con il termine
Brahman (nella forma "neutra") si indica l'unità
cosmica da cui tutto procede
, l'origine di ogni
cosa, l'Assoluto:

"Invisibile, inafferrabile, senza famiglia né casta,
senza occhi né orecchie, senza mani né piedi,
eterno, onnipresente, onnipervadente,
sottilissimo, non soggetto a deterioramento,
Esso è ciò che i saggi considerano matrice di tutto
il creato
. Come il ragno emette [il filo] e lo
riassorbe, come sulla terra crescono le erbe, come
da un uomo vivo nascono i capelli e i peli, così
dall'Indistruttibile si genera il tutto"
[Mundaka Upanisad ; I,1,6-7]

Esso si identifica anche con il principio individuale,
l'Atman
:

"Qualunque sia questa essenza sottile, tutto
l'universo è costituito di essa, essa è la realtà di
tutto, essa è l'Atman
.
Quello sei tu (Tat tvam Asi) o Svetaketu!
Continua il tuo insegnamento o signore!
Bene, mio caro, gli rispose"
[Chandogya Upanisad ; VI,8, 6-7]

Nonchè, con la sua vibrazione creatrice, l'Om:

"L'Om è tutto l'universo. Ecco la sua spiegazione:
Passato, presente e futuro, tutto ciò è Om.
E anche ciò che va oltre il tempo, che è stato,
è e sarà è Om. Infatti ogni cosa è il Brahman.
L'Atman è il Brahman"
[Mandukya Upanishad ; 1-2]



Infine, è anche nella religiosità dei Nativi
Americani
che ritroviamo questo principio.
Tutta
la conoscenza metafisica del popolo dei
Lakota
, ad esempio, si riassume nella massima
"
Mitakuye Oyasin" (link) che, tradotta, significa:
"tutto è mio parente". Ogni essere ha un'unica origine,
quella del Grande Spirito - Watan Tanka - e per
questo motivo ogni cosa è legate e connessa con
tutte le altre, e, nella misura della consapevolezza
di questa fondamentale identità, dipende da esse.

sabato 12 febbraio 2011

che brutta influenza (Diario)

Scusate l'attesa ma ho preso una
brutta influenza con interessamento
bronchiale che mi ha tenuto a letto
per una settimana (già sono debole
per la cfs....).

Recuperando il tempo perso mi
sono andato a leggere qualche blog.
Sempre interessante quello di un
noto astrologo che, quale migliore
cura per i malati di mente, propone
la loro chiusura in gabbie, legati
entro camicie di forza, e super sedati.
Questi, rappresentando per lui
"la feccia umana". Colpi di Sole,
evidentemente. Un sistema, questo,
di trattare la malattia mentale,
degno dell'arianesimo solare nazista,
e del suo culto della "purezza" della
razza (purezza e classismo sono tratti
solari, ma nei limiti possono anche
essere un pregio, nei limiti...).
Chissà che il nostro scienziato non
sia stato un "luminare" nazista
nella sua vita passata? o magari
un astrologo del Reich.
Aufwiedersen ;)